Venne da me per una visita medica nel 1978 e mi disse: “Mi hanno parlato molto bene di lei e spero che mi possa aiutare”. Dopo averlo osservato sul piano medico, gli dissi:” Padre Nazzareno lei ha sofferto di una trombosi e si è salvato fortunatamente l’occhio sinistro, ma deve cambiare stile alimentare, in caso contrario avrà pochi mesi di vita”. Un po’ frastornato e nello stesso tempo incuriosito, mi rispose: ” bene che debbo fare! ”.
Gli consigliai vivamente di cambiare dieta e mangiare solo proteine vegetali, anzi mangiare come “i conigli”. Si mise a ridere e io gli chiesi:” Di che si occupa Padre Nazzareno?”; “mi occupo di Grafologia “. “Mi manca!” gli risposi.
Da allora nacque un’amicizia trentennale fatta di colloqui intensi, di verifiche, di domande, di risate, di elaborazioni, ma sempre senza mai un diverbio, un astio e sempre legati da una profonda e sincera amicizia e stima.
Nazzareno mi ha introdotto allo studio della Grafologia interdisciplinare, non più fondata esclusivamente su intuizioni morettiane, ma elaborata metodologicamente e confrontata con la psicologia, la caratterologia, l’antropologia, la biotipologia, la clinica medica, la sociologia. La mente intuitiva di Nazzareno associata alla sua forte funzione Pensiero, ha spinto lo studio grafologico a livelli molto alti, grazie anche a continue verifiche cliniche e scientifiche, e all’apporto delle altre discipline. Si domandava sempre il perché delle cose e la sua mente discriminativa e sintetica lo spingeva sempre a costanti verifiche e a ricercare sempre nuovi elementi di confronto.
Nazzareno aveva una “oscura grafologica” che lo portava sempre a criticare ogni sua intuizione per migliorarla, decodificarla e permetterne poi una conoscenza didattica e metodologicamente corretta. “Umanologia” è il termine coniato da Nazzareno per indicare uno studio dell’uomo inteso come umanità, dedizione all’altro, scienza dell’umano. Ma l’ampiezza del suo lavoro è stata l’intuizione che la scrittura esprime la stenografia della personalità e della biografia e registra, inoltre, la struttura e il comportamento del sistema nervoso centrale e periferico. In essa si ritrovano elementi biotipologici, morfologici, caratteriali, temperamentali con contenuti psicodinamici evolutivi. Emergono nella scrittura anche aspetti psicoaffettivi, psicomentali, in quanto l’affettività, che fa parte della personalità, gestisce la ciclotimia di base di ogni individuo.
In accordo con il Mac Lean, Nazzareno conferma il concetto che il cervello umano assolve, in funzione sistemica, olistica, ai tre stadi dell’evoluzione filogenetica:
Questa sua visione integrata della grafologia, vista in funzione sistemica, provoca non pochi attriti tra i propugnatori della grafologia classica, creando spesso, come succede ai grandi pensatori, disagi e critiche dure, che hanno lasciato spesso il segno nell’animo gentile e amabile di Nazzareno. Spesso si sentiva solo con le sue idee, ma felice di trasmetterle agli altri e sovente ripeteva:”amo insegnare per poter esprimere quello che sento e, se non lo facessi, mi resterebbe tutto dentro e sentirei disagio”.
Posso affermare che dopo trenta anni di amicizia e di intensa pratica della grafologia applicata alla clinica medica, ho trovato conferme incontrovertibili del pensiero di Nazzareno e ritrovare nel gesto grafico gli elementi biotipologici, temperamentali e caratteriali, oltre che psicologici, diventa una premessa fondamentale per valutare il segno grafologico nel contesto strutturale biopsicodinamico dell’individuo. La polarità opposta di ogni segno grafologico, può spesso portare il terapeuta ad una diagnosi psicologica contraddittoria, mentre l’utilizzo di più griglie di indagine, permette di avere punti di riferimento interdisciplinari più concreti e affidabili.
Da mesi Nazzareno aveva lasciato i suoi studi per dedicarsi completamente alla fede e alla preghiera, in attesa di essere chiamato dal Padre, e ogni volta che ci sentivamo rispondeva sempre che era pronto a lasciare questo mondo terreno e il suo “eccomi !” testimoniava una serenità interiore e una fiducia nell’Alto.
Prof. Corrado Bornoroni