Per Naturopatia si intende un insieme di discipline finalizzate alla conservazione dell’equilibrio energetico facenti riferimento a metodiche di approccio naturali ed energetiche codificate nell’ambito di una visione olistica dell’essere umano.
Il Naturopata è un operatore professionista che opera autonomamente nel campo della Naturopatia, che si impegna nella promozione della salute individuale e sociale attraverso l’utilizzo delle più aggiornate metodiche preventive ed olistiche non invasive.
Lo scopo principale della professione del Naturopata non è la cura delle malattie, ma la promozione dell’equilibrio energetico degli individui attraverso:
Ciò che caratterizza l’operato del Naturopata è l’approccio in qualità consulente per la salute, che mira in primo luogo alla prevenzione primaria e, ove il caso lo richieda, ad interventi di applicazione di discipline naturali ed olistiche, non invasive e di sostegno al riequilibrio energetico dell’individuo.
Le discipline olistiche, di cui si avvale la Naturopatia, si rifanno ad una visione dell’uomo, della salute e della malattia che raramente trova punti di contatto con la medicina convenzionale.
Iniziando ad utilizzare le discipline naturali olistiche, le persone si trovano ad intraprendere un cammino di trasformazione che coinvolge non solo il corpo e quindi il piano fisico, ma anche la mente e lo spirito. Si viaggia su binari completamente diversi da quelli noti a chi utilizza la medicina convenzionale: i termini “diagnosi” e “terapia” non sono adatti alle tappe di questo cammino. Non è il pericolo di sconfinamento in competenze di altre professioni che li rende inadatti, ma l’approccio stesso che richiede nuovi modi di pensare.
L’operatore che utilizza le discipline naturali olistiche ed energetiche, per essere veramente Naturopata non può limitare la sua attenzione ad alcune discipline specifiche, ma si interessa della natura nel senso più completo del termine, migliora continuamente le sue conoscenze professionali ed inserisce la propria attività in una prospettiva di evoluzione personale.
L’uomo viene studiato nelle diverse discipline naturopatiche secondo schemi e termini a loro propri e differenti tra una disciplina e l’altra. Le classificazioni a cui si ricorre nella medicina ayurvedica sono diverse da quelle nella medicina tradizionale cinese, da quelle della omeopatia o di altre discipline. Tuttavia, il minimo comune denominatore di queste discipline è che:
Il Naturopata, quindi, fonda il proprio operare su delle basi multidisciplinari, che tendono a coprire il più possibile lo spettro energetico dell’essere vivente, da quello fisico a quello più sottile e spirituale. Fondamentale è lo studio della Biotipologia come indagine conoscitiva dell’aspetto morfo-antropometrico del biotipo, dell’aspetto neuro-endocrino- metabolico, e inoltre di quello caratteriale e psicologico. Ciò è essenziale per il Naturopata e per il Medico Olista per una diagnosi di terreno, su cui poter lavorare con rimedi naturali. Ciascuna disciplina pur avendo un effetto globale sulla persona, espleta la sua azione in maniera particolarmente efficace in un particolare campo energetico di sua pertinenza. Ad esempio, le tecniche olistiche di manipolazione pur essendo efficaci in modo globale, realizzano il massimo della loro azione ad un livello energetico molto diverso da quello di rimedi vibrazionali, come ad esempio i Fiori di Bach.
Il Naturopata potrà perfezionare il suo intervento energetico se sarà in grado di:
La Naturopatia pone la persona, con tutta la sua ricchezza interiore, al centro dell’attenzione e non solo il suo corpo o una sua parte. Questo aspetto è socialmente rivoluzionario, perché permette di interpretare e riequilibrare in modo profondo, ma graduale e rispettoso della persona, anche problematiche di comportamenti estremi.
Il concetto che in noi ci sia il messaggio dell’equilibrio ottimale a cui possiamo ritornare, ha come conseguenza che la salute sia un obiettivo da raggiungere e non da inscrivere ex novo in soggetti per così dire “difettati”.
La Naturopatia opera una purificazione energetica nelle persone, che poi si traduce in risoluzione di problemi al presente e prevenzione di quelli in divenire; molto spesso i trattamenti si diradano nel tempo e diventano necessari solo quelli di “richiamo”, per poi diventare controlli di sicurezza. Questo è possibile se in parallelo si è portato avanti un discorso di educazione alla salute, che è il cardine fondamentale per diventare autonomi e responsabile riguardo al proprio stato.
La maggiore responsabilizzazione riguardo il nostro modo di vivere va a toccare anche il nostro modo di essere cittadini. Diventando consapevoli di come noi possiamo intervenire positivamente o negativamente nell’ambito della nostra salute, lo diventiamo anche per quello che riguarda le nostre relazioni e infine il nostro far parte della società.
Il percorso del riequilibrio energetico, se avviato prima che le condizioni di salute siano compromesse, porta a conquiste entusiasmanti e durevoli, molto spesso anche definitive; questo con interventi semplici e rimedi (quando la Naturopatia è applicata seriamente ed onestamente) non costosi.
In termini di rischi e di costi della sanità che gravano sulla società, è sicuramente un grande vantaggio la maggior diffusione delle discipline naturali olistiche, praticate da professionisti capaci e convinti dell’importanza della loro attività.
L’impatto reale che tali discipline hanno sulla società è di dimostrare concretamente che una visione non puramente materialistica o “meccanicistica” dell’essere umano può riportare alla salute, con un senso di benessere globale e quindi funzionare.
Si tratta di aspetti legali e di regole da seguire per chi vuole iniziare l’attività lavorativa anche in assenza di una adeguata regolamentazione al riguardo.
Tutela legislativa, inquadramento giuridico, apertura attività lavorativa
1. Tutela legislativa
Le prime difficoltà che di solito il Naturopata neodiplomato deve affrontare sono quelle relative allo svolgimento della libera professione. Tali difficoltà sono dovute al fatto che in Italia non esiste un riconoscimento da parte dello Stato della professione di ‘Naturopata’. Di conseguenza, il diploma rilasciato dalle scuole di Naturopatia in Italia non ha alcun valore legale in quanto l’attività lavorativa non fa parte di quelle già riconosciute dallo Stato (professioni vere e proprie). In Italia, la regolamentazione avviene mediante approvazione da parte dello Stato e la creazione di Albi professionali ufficiali (legge del 1939). Spesso viene ostentata da varie scuole di naturopatia l'”affiliazione” o gemellaggio con organismi esteri (gemellaggi con vari enti rappresentanti professionisti in discipline naturopatiche di una nazione estera). Sfortunatamente tale connubio non aiuta nell’attuale situazione italiana in quanto comunque lo Stato deve riconoscere lo ‘status’ professionale di diplomati da scuole gemellate. Diverso è il caso in cui si consegua un diploma in Naturopatia all’estero: a causa della libera circolazione dei lavoratori nella CEE (esistono delle direttive esplicite della CEE in merito) il terapeuta può esercitare la sua attività in Italia. Il conseguimento di un diploma estero è di solito costoso e difficile e, comunque pur consentendo di lavorare, non comporta un ‘status’ diverso da diplomati in Italia fino a che, ancora una volta, lo Stato italiano non riconosca ufficialmente l’attività lavorativa come professione.
Si pone allora la domanda: può il Naturopata diplomato lavorare in Italia? La risposta è sicuramente affermativa: nonostante il vuoto legislativo in Italia, il Naturopata può liberamente esercitare la sua attività lavorativa (anche se non regolamentata come ‘professione’). Tale attività è un diritto garantito dalla Costituzione a patto che, come ovvio, le leggi già esistenti in materia vengano rispettate.
Vediamo più in dettaglio casa significa ‘garanzia costituzionale’. La Costituzione garantisce in maniera generica a tutti i cittadini, compreso chi vuole esercitare la Naturopatia, innanzitutto:
Ogni forma di prestazione lavorativa anche se regolamentata dalla legge generale o da leggi particolari trova la sua tutela nella Costituzione. Il Naturopata può quindi espletare la sua attività lavorativa in quanto garantita dalla Costituzione come libera iniziativa del cittadino. Ulteriore conferma della legittimità dell’attività lavorativa viene da alcuni articoli del Codice Civile:
Conclusioni: l’attività del Naturopata trova una completa tutela nel contesto legislativo attuale sia singolarmente come attività lavorativa in proprio sia inserita in una fase associativa che si organizzi per tutelare i propri iscritti. Il limite di esercizio può aversi solo se posto da una specifica legge che lo prevede espressamente e lo disciplini, altrimenti lo svolgimento di tale attività non ha limiti (a patto che non si violi le leggi esistenti).
2. Limiti e norme di riferimento
Nella prima parte di questo intervento si sono esaminate le basi costituzionali e del Codice Civile che su cui basare la legittimità della professione di Naturopata. Una ulteriore convalida è data dalla sentenza della Corte di cassazione 10.4.1980 n° 2305. Tale sentenza conferma che nella categoria generale delle professioni intellettuali solo quelle determinate dalla legge sono tipizzate ed assoggettate all’iscrizione in albi ed elenchi (le cosiddette professioni protette); all’infuori di queste vi sono non solo professioni intellettuali caratterizzate per il loro specifico contenuto, ma anche prestazioni di contenuto professionale non specificatamente caratterizzate che ben possono essere oggetto di rapporto di lavoro autonomo. In quest’ultimo gruppo rientra a pieno titolo il lavoro autonomo del Naturopata.
L’attività del Naturopata italiano, inoltre, può essere svolta senza problemi anche a livello dell’Europa comunitaria. Se l’Italia non ha disciplinato separatamente l’esercizio dell’attività del Naturopata, senza porre alcuna limitazione specifica né di ordine pubblico né di pubblica sicurezza né di sanità pubblica e se, per gran parte dell’Europa, tale attività è stata distintamente regolamentata, il Naturopata italiano potrà senza dubbio svolgere la propria attività negli stati della CEE, naturalmente osservandone le regole specifiche a seconda del paese. La libera circolazione dei lavoratori all’interno della CEE e’ garantita dalle circolari CEE emesse in proposito (Direttiva CEE 89/48 e Direttiva CEE 92/51) e relativi decreti di attuazione da parte dello Stato italiano (Decreto Legislativo 27.1.92, n° 115 e Decreto Legislativo 2.5.94 n° 319, rispettivamente)
· Il Naturopata deve assicurarsi che ogni possibile equivoco venga eliminato in modo palese. E’ necessario quindi che il paziente venga informato in modo chiaro e non ci sia il presupposto di equivoci e di apparente circonvenzione del cliente.
Conclusioni: l’attività del Naturopata trova tutela a livello non solo nazionale ma anche a livello dell’Europa Comunitaria. Inoltre, il Naturopata può esercitare la propria professione nei limiti imposti dalle professioni già riconosciute, cioè non può sovrapporre la propria attività (modalità e strumenti) in nessun modo a quella spettante alle altre professioni già regolamentate.
3. Regole pratiche
In questa parte si parlerà delle regole pratiche necessarie per iniziare un’attività professionale.
Si è concluso nella parte precedente che il Naturopata deve assicurarsi che nel rapporto tra terapeuta e soggetto assistito ogni possibile equivoco venga eliminato in modo palese. E’ necessario quindi che nel suo studio, sotto una forma idonea, venga espressa chiaramente al cliente la nozione che lui non si trova in uno studio medico e che non verranno attuati interventi di tipo medico. La cosa migliore è quella di porre il cliente nella posizione di esprimere un suo consenso informato. Questo può essere fatto, attraverso un foglio di carta intestata su cui possono venire annotati i risultati delle indagine di riequilibrio energetico e le modalità di correzione degli squilibri.
Tale foglio deve essere controfirmato da parte della persona assistita, la quale in questo modo conferma:
La controfirma su tale foglio recante i risultati dell’intervento scagiona il Naturopata da qualsiasi accusa di vilipendio, oltraggio o circonvenzione.
Per aprire uno studio sono quindi fondamentali le seguenti condizioni, dato per scontato, come abbiamo visto, che dal punto di vista legislativo il Naturopata ha tutto il diritto di esercitare la propria attività come libera iniziativa individuale:
L’ASL dopo il controllo ha rilasciato un attestato in cui si conferma la presenza di attività di carattere non medico. Questo può essere molto utile a garantire l’assenza di altri eventuali controlli o denunce. Infatti, l’ASL ha comunque sempre il diritto e potere di controllare qualsiasi attività che possa sembrare di carattere sanitario. Dipende dalla persona e dalla situazione di giudicare se sia il caso o no di richiedere esplicitamente tali controlli. In pratica, quando sono stati richiesti hanno tutti avuto una risposta positiva da parte della ASL.
Conclusioni
Le prime 3 parti hanno riguardato:
Per un esercizio serio e sicuro della professione è indispensabile mettere il cliente in condizioni di esprimere un consenso informato. Col termine ‘consenso’ in biomedicina si intende ‘un atto con il quale un soggetto autorizza liberamente ed intenzionalmente un operatore sanitario a mettere in azione una determinata procedura diagnostica, terapeutica o ‘sperimentale’. Questo termine serve ad esprimere un aspetto irrinunciabile della nostra attività professionale che è quello di far sì che il soggetto riceva informazioni adeguate ed esaurienti in merito alla procedura, agli strumenti usati e alle loro conseguenze. Il consenso si basa sulla norma etica fondamentale del rispetto della persona e sul principio di autonomia. Tale concetto di autonomia si concretizza sulla regola, spesso dimenticata, che è il soggetto stesso è l’unico protagonista del processo di guarigione in quanto sua è la piena responsabilità della sua vita e del suo stato di equilibrio. C’è dunque una stretta connessione con la libertà di giudicare e scegliere ciò che si ritiene bene per se stessi. La necessità di ottenere un consenso libero, esplicito ed informato da parte dei soggetti prima di sottoporli a qualsiasi trattamento non solo di riequilibrio energetico ma anche di atto medico tradizionale è acquisita ed accettata ormai da decenni, anche se l’applicazione non è ancora generalizzata e non è sempre attuata correttamente.
Il consenso è autentico solo se è libero, cioè esente da qualunque pressione, frode e manipolazione. L’atteggiamento dell’operatore deve essere dettato dal desiderio di adeguarsi a tali principi, al di là di ogni possibile coinvolgimento personale interessato (che può spaziare da quello monetario a quello emotivo e psicologico).
Evidentemente il consenso deve essere libero e quindi può essere tale solo se è prevista la possibilità di negarlo. Il rifiuto del consenso è previsto in modo esplicito dalla Costituzione Italiana nell’art. 32, § 2. L’eccezione a tale regola ed alle disposizioni di legge si riferisce in particolare a gravi rischi per il bene comune.
In pratica, sulla base di questi principi, è importante ottenere un consenso informato scritto da parte dell’utente. Oltre a costituire un momento di chiarimento e di approfondimento del rapporto col terapeuta, facente parte, soprattutto, della stesso atto terapeutico, tale scritto costituisce, come accennato più sopra, un valido riscontro della leicità dell’attività terapeutica stessa.
Prima parte
Col termine consenso informato si indica un atto con il quale la persona autorizza liberamente ed intenzionalmente un operatore sanitario a mettere in atto una determinata procedura diagnostica, terapeutica o sperimentale. Si usa l’espressione ‘consenso’ per sottolineare l’aspetto irrinunciabile che il soggetto riceva informazioni adeguate ed esaurienti. Il consenso si basa sulla norma etica fondamentale del rispetto della persona e sui principi di autonomia, nel senso che si deve esser liberi di scegliere quello che si ritiene meglio per se stessi. Questa libertà è un diritto universale degli esseri viventi.
L’articolo 7 del Codice Deontologico del Naturopata dell’UNA, intitolato “Auto-responsabilità”, riprende questi temi nell’affermare che “Colui che si trova in uno stato di disarmonia energetica è il vero protagonista del percorso di purificazione che lo potrà ricondurre all’equilibrio. L’individuo deve essere reso consapevole e partecipe ed è compito del Naturopata adoperarsi per favorirne la responsabilizzazione riguardo la propria salute.”
Storicamente la necessità morale di ottenere il consenso del paziente per mettere in atto una terapia è un fenomeno relativamente recente in quanto era pressoché estranea alla cultura dominante nel secolo scorso. Solo negli ultimi decenni si è superato il paternalismo (di derivazione ippocratica) per cui l’operatore sanitario si sentiva legittimato ad ignorare le scelte del paziente in nome del mandato ad esplicare l’esercizio della professione. Al modello paternalistico si è sostituito quello dell’autonomia. Questo passaggio si può chiaramente osservare comparando fra loro le varie edizioni del Codice deontologico del medico italiano prodotte nell’ultimo secolo: da un approccio in cui il medico riteneva di avvicinare un paziente passivo, forse addirittura ritenuto inidoneo a giudicare autonomamente, si è passati ad un rapporto in cui si presuppone che la persona sia in grado di comprendere e scegliere. Questo non è l’unico mutamento dell’etica biomedica ma certamente è uno dei più radicali e fondamentali. Rimane il problema dell’educazione dell’operatore: l’acquisizione di una mentalità non paternalistica (termine ottimista in certi casi) da parte del medico moderno infatti è ancora un traguardo da raggiungere in modo completo per cui l’epoca attuale si può considerare un periodo di passaggio.
E’ da notare che l’enunciato del Codice Deontologico del Naturopata va oltre sia la concezione del secolo scorso sia la concezione etica dell’autonomia del giudizio recepita dal codice deontologico medico attuale. Infatti, secondo il Naturopata, la persona che richiede il suo intervento diventa il protagonista del percorso verso la guarigione: non è più un soggetto passivo, ma non è solo autonomo nel decidere ma è anche il vero attore. In questo contesto l’operatore sanitario diventa un fattore di appoggio, quasi di spinta esterna che rimane, appunto, dietro le quinte indirizzando più che spingendo la persona a percorrere il suo cammino verso la guarigione: è il concetto di educatore alla salute o di testimone dei principi che la regolano. Infatti l’art. 7 del Codice conclude “Il Naturopata opera nella convinzione che solo la piena e consapevole partecipazione del paziente può produrre il massimo dei risultati sperati. Egli è, dunque, innanzitutto un educatore alla salute, che cerca di instaurare un rapporto di consapevole collaborazione attiva e di scoraggiare qualsiasi forma di dipendenza.”
I fondamenti etici del consenso informato sono enunciati in diversi documenti nazionali ed internazionali (riguardanti soprattutto la sperimentazione, dove il consenso diventa essenziale).
Seconda parte
Nella prima parte si è definito il concetto di ‘consenso informato’, la sua origine storica e le peculiarità relative all’interpretazione del Codice Deontologico del Naturopata. Il primo aspetto che caratterizza il consenso informato è la libertà.
Il consenso è autentico solo se libero, cioè assente da qualsiasi pressione, frode o manipolazione. Occorre quindi garantire la massima libertà possibile del consenso. I soggetti sottoposti a pratiche sanitarie possono subire pressioni (e talvolta vere e proprie coercizioni) da parte del contesto sociale, culturale e familiare e perfino dalle stesse strutture sanitarie.
(Per esempio, in quest’ultimo caso ci si riferisce alla presenza di leggi che impongono un trattamento sanitario a certi individui o gruppi di individui in condizioni particolari, vedi ad esempio le vaccinazioni obbligatorie per i bambini come per gruppi di lavoratori a rischio). A tutto ciò deve in qualche modo porre rimedio l’operatore il quale può legittimamente cercare di mostrare al suo assistito ciò che si presenta la cosa migliore da fare, sulla base di evidenze oggettive.
Una condizione di totale autonomia (ovvero assenza di ogni influenza esterna, completa comprensione di ogni aspetto della situazione) è impossibile da realizzarsi. Questa condizione di ‘libertà’ (dell’assistito, ma anche del terapeuta) è la meta da realizzare, più che una condizione di partenza: chi attraverso un percorso ‘di guarigione’ riesce a riappropriarsi della consapevolezza profonda di chi è veramente e come è connesso con tutto ciò che lo circonda, allora questa persona è veramente ‘libera’. E’ la libertà citata dal Dott. E. Bach (ai libri del quale si rimanda vivamente per un preciso approfondimento) quando parla appunto di ‘liberare se stessi’ dai condizionamenti non solo materiali ma soprattutto energetico-mentali-spirituali che impediscono il riconoscimento della vera identità dell’essere umano e del cosmo.
Il Naturopata tende a ‘liberare’ (rendere libero) se stesso e i suoi assistiti da tutti i legami inibenti e condizionanti: questo è il vero percorso di guarigione, al di là della mera scomparsa del sintomo fisico. Questi concetti sono sottintesi dall’ art. 5 del Codice Deontologico del Naturopata intitolato ‘Concezione olistica’ quando afferma che “Ogni uomo ha, nella sua particolare qualità spirituale, una possibilità di perfezione e di forza. L’obiettivo dell’educazione è quello di aiutare ciascuno a ritrovare, sviluppare ed usare questa spiritualità. L’attività del Naturopata poggia, inoltre, sulla convinzione che l’individuo può esprimersi nella sua completezza solo nel pieno rispetto delle leggi della Natura, sulle quali è plasmata la vita”. Tale completezza ha la sua base appunto sulla libertà, sull’affrancamento dell’uomo come essere olistico inserito nelle leggi che regolano e plasmano la vita.
Il consenso informato riflette quindi un approccio alla persona ed alla salute basato sulla massima libertà di scelta possibile in quel momento e sul riconoscimento di questa libertà come valore fondamentale per un corretto rapporto assistente-assistito.
Di conseguenza, il consenso informato può essere tale solo se esiste la possibilità di negarlo, in accordo col concetto di libertà citato più sopra. Il rifiuto del consenso è previsto, tra l’altro, dalla stessa Costituzione Italiana, art. 32/ 2. L’operatore deve lasciare spazio anche a questa possibilità, rispettando non solo le decisioni dell’assistito ma anche agendo in libertà e sintonia con se stesso. Nell’art. 5 Rispetto del cliente delle “Regole per l’esercizio della professione” del Codice Deontologico del Naturopata si legge tra l’altro “Il Naturopata è libero nell’esercizio della sua attività e può rifiutare la prestazione se ritiene non sussista il necessario rapporto di fiducia con il potenziale cliente”. Ovviamente per il bene sia personale ma anche soprattutto per garantire una giusta e libera impostazione del percorso di guarigione con l’assistito.
Un altro aspetto del dibattito sulla “libertà” è quello previsto dalla legge: in caso di particolari gravi rischi della comunità sono previste delle eccezioni all’esercizio della libertà individuale. In questo modo il bene comune può entrare in conflitto con le scelte individuali e può prevalere su di esse: esistono ‘malattie’ considerate pericolose per la comunità per le quali è prevista una fase ‘obbligatoria’ da imporre anche con la forza, per il bene della collettività. Come deve comportarsi il Naturopata di fronte a questa situazione? La risposta non è banale ed è difficile da generalizzare: l’unica risposta è caso per caso ed è comunque quella che è in sintonia massima con i principi etici della professione che prevede il massimo rispetto possibile della libertà, compresa la libertà di scelta.
Terza parte
I principali aspetti che caratterizzano il consenso informato sono: la libertà, l’informazione fornita alla persona e la capacità (intellettiva, fisica e giuridica) della persona di esprimere volontariamente il proprio consenso. Sul primo aspetto, la libertà, si è parlato nel numero precedente. In questo numero verranno trattati gli altri due aspetti e verranno proposte alcune riflessioni conclusive.
Gli operatori hanno il dovere di informare i loro assistiti in modo chiaro veritiero, accessibile. E’ importante che l’informazione sia personalizzata: si deve tener presente, cioè, il tipo di persona che si ha davanti, il suo retroterra culturale, l’età, il contesto sociale e familiare, le eventuali condizioni di stress in cui può trovarsi. L’atto comunicativo non deve mai ridursi ad una fredda esposizione di nozioni. Il significato di “consenso informato” non deve, cioè, mai ridursi a quello di ‘autorizzazione’ a procedere, soprattutto dalle persone con un basso livello di istruzione, ma ci si deve assicurare che sia interpretato il più possibile come una spiegazione semplice del trattamento e del suo significato. Inoltre considerando che, in generale, solo una parte delle informazioni fornite viene recepita ed assimilata, è importante che le informazioni più rilevanti siano ripetute anche nelle sedute successive.
Tra le indicazioni che dovrebbero essere date (durata del trattamento, effetti primari e secondari, ecc.) ci sono anche quelle che riguardano il tipo e la gravità dello squilibrio. In questo caso viene sollevato un serio quesito morale se si debba dire sempre tutta la verità al paziente. Il dubbio non riguarda se dire la verità (cosa del tutto scontata) ma sulla completezza dell’informazione. La tendenza riflessa dal codice deontologico è quella di informare il più possibile la persona. L’enfasi però andrebbe posta non tanto sulla proiezione dell’esito della malattia (p.es. la degenerazione sicura di una malattia in una più grave, o addirittura sull’impossibilità di una sua risoluzione) quanto piuttosto sulla gravità della situazione attuale a causa del deterioramento accumulatosi nel passato.
Il dovere di fornire un’informazione vera implica anche che un’eventuale richiesta da parte dei familiari di comunicare delle informazioni false non sia vincolante. In caso di situazioni molto gravi esiste di fatto una difficoltà nell’esplicitare le informazioni e per chi deve dare il consenso la capacità di fare una scelta tra rischi diversi. Si può pensare comunque di affrontare queste situazioni con l’aiuto di persone adatte che aiutino, più che ad ottenere un consenso ed un indirizzo di scelta, a far comprendere e quindi far accettazione la situazione di fatto.
Il diritto ad una informazione veritiera è sottolineato nell’art.1 (Impegno etico) e 2 (Impegno professionale) delle Regole per l’esercizio della professione del Codice Deontologico del Naturopata, la dove si sottolinea che “Il Naturopata si impegna ad esercitare la sua attività secondo coscienza. Egli mantiene un comportamento giusto e leale con tutti, siano essi clienti, collaboratori o terzi in generale…” (art. 1) e “Il Naturopata deve salvaguardare la serietà e la credibilità della sua professione. Il Naturopata deve porre tutte le sue conoscenze e capacità al servizio della professione e deve usare la massima scrupolosità nell’educare ed indirizzare le persone verso la conservazione dell’equilibrio energetico. Non dovrà mai scendere a compromessi rispetto ai principi e alle regole che disciplinano la sua professione.” (art. 2).
Conclusioni
Il consenso informato permette di avviare un processo in cui la persona partecipa in prima persona ai momenti decisionali, almeno nella misura in cui consapevolmente ed autonomamente sceglie di conferire all’operatore un diritto che l’operatore non ha in sé, instaurando un rapporto di fiducia. E’ da notare che alle volte il soggetto preferisce “non sapere”, delegando al terapeuta (persona ritenuta competente) la scelta del percorso terapeutico: questo è un legittimo diritto che non contrasta col consenso informato in quanto espressione di libera scelta della persona (non di rinuncia all’autonomia), accordando fiducia a chi si ritiene se la meriti.
Come si è evidenziato nella discussione, il consenso informato non può essere strumentalizzato facendolo diventare un semplice atto ‘difensivo’ da parte dell’operatore che tende così a tutelarsi da possibile ‘danni’ a seguito del suo intervento o come sorta di legittimazione ‘giuridica’ al suo operare (in attesa del riconoscimento della sua figura professionale da parte della legge). Il consenso informato è solo il rendere esplicito l’inizio di un percorso come ricerca del bene dell’assistito.
5 Comments
BELLISSIMO ARTICOLO, MOLTO UTILE
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Complimenti il tuo post è molto interessante ed esaustivo per choi si affaccia alla professione e consulenza naturopatica
Concordo con te Valentina è un post bellissimo =:)
grazie per la chiarezza,è sempre difficile per noi Naturopati definirci,la fatidica domanda “cosa fai nella vita”?-ancora non ho trovato una risposta semplice,da oggi darò questo indirizzo…